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Storia della Dea Sekhmet
La dea Sekhmet, anche conosciuta con il nome Sachmis, Sakhmet, Sekhet o Sakhet, è una divinità femminile egizia facente parte della religione dell’antico Egitto. Il nome della dea Sekhmet deriva dalla parola egizia sekhem che significa potenza, avere controllo con l’aggiunta del suffisso femminile t, nome che infine può essere traducibile come “la Potente”. Ella era adorata in qualità di divinità legata alla guerra, alle epidemie e alle guarigioni. La sua iconografia la rappresentava nella forma di una leonessa o di una donna dalla testa di leonessa, che stava a rappresentare l’animale più feroce e spaventoso dell’immaginario egizio: la violenza, l’aggressività e l’ira distruttiva erano pertanto peculiarità conferite alla dea Sekhmet. Ella era rappresentata come una leonessa vestita di rosso, colore comunemente attribuito al sangue, tanto che uno dei suoi appellativi era Rossa Signora. Talvolta il suo abito mostrava all’altezza del seno due rosette stilizzate, antico simbolo leonino. In quanto divinità egizia connessa al culto solare, il suo capo era sempre incorniciato dal disco solare da cui poteva emanare fiamme distruttive contro i propri nemici. Sekhmet era la terrificante dea della guerra e personificava i raggi del sole nonché il loro fuoco letale, così come l’aria rovente del deserto i cui venti erano il suo respiro di fuoco e tramite cui bruciava i suoi nemici. Gli antichi egizi, difatti, pensavano che il suo respiro generasse il deserto e per i motivi precedentemente accennati era anche considerata come una matrona per i faraoni, soprattutto per quanto riguardava la scena militare. La dea Sekhmet, in certe occasioni denominata “figlia di Ra” è – come già accennato – una divinità solare ed è ritratta con l’ureo, ossia la decorazione a forma di serpente posizionata di lato al disco solare che appare nella corona dei faraoni come simbolo di forza, potenza e regalità. Il serpente dell’ureo è, nello specifico, raffigurato dal cobra, animale sacro alla dea Uadjet venerata nel Basso Egitto, nonché una delle due Signore divine protettrici del Faraone. Manifestazione della dualità fra malattia e guarigione, tra caos e ordine, la dea Sekhmet era riverita anche come divinità legata alle epidemie ed alla medicina: proprio per questo motivo viene dipinta con in mano la chiave della vita, il celebre ankh, che è uno dei simboli più comuni all’interno dell’iconografia magico-religiosa egizia. Tale simbolo, portato sia dagli dèi che dai faraoni, è formato da due elementi ben precisi: i segmenti di una croce e l’ansa che li sovrasta. L’ansa può essere intesa come la volta celeste, mentre il braccio orizzontale della croce come l’orizzonte terreno ed il braccio verticale come il cammino dalla terra al cielo; il punto d’incontro, concludendo, può essere considerato come l’energia che tutto muove. Un altro importante simbolo riscontrato nelle statue di Sekhmet è lo scettro uadj o wadj, costituito da un gambo con fiore di papiro: è uno scettro che indicava il vigore ed era generalmente utilizzato anche da altre divinità femminili come Iside, Hathor, Neith e Uadjet. La dea Sekhmet figurava, però, anche come lo strumento della vendetta di Ra contro l’empietà degli uomini chiamando l’ordine del mondo: ella era temuta persino nell’aldilà dove il crudele Seth ed il serpente Apopi venivano sconfitti dalla dea che abbracciava suo padre Ra con lingue di fuoco nel corso del viaggio notturno del sole nell’oltretomba.
Il mito della Dea Sekhmet
In un mito legato alla storia della fine del dominio del dio Ra sulla terra, egli, adirato verso gli uomini che avevano osato cospirare contro di lui, inviò la dea Sekhmet (o Hathor sotto forma di Sekhmet) fra gli uomini per annientarli. Nel racconto, al termine della conflitto la sete di sangue della dea Sekhmet non era ancora placata e questo la portò ad avviare un piano per la distruzione dell’intera umanità. Per mettere fine alla strage perpetuata dalla feroce dea leonina e salvare il genere umano, il dio Ra tinse della birra con ocra rossa ed ematite affinché sembrasse sangue. Fu così che, scambiando la birra per sangue, la dea Sekhmet si ubriacò a tal punto da non poter portare a termine il terribile massacro sull’umanità, ritornando da Ra finalmente calma: la sete di sangue di Sekhmet che stava uccidendo tutti gli uomini, finalmente si fermò. Dopo aver bevuto la birra si addormentò ed al risveglio assunse le sembianze della dea Bastet – che rappresentava esclusivamente le qualità benefiche del sole. Per ricordare questa terribile vicenda, nacque la Festa dell’Ebbrezza, celebrata nella stagione di Akhet ossia dell’inondazione del Nilo e nella quale venivano preparate grandi quantità di birra.
La Dea Sekhmet e la Dea Bastet
Nel precedente articolo relativo alla dea gatto Bastet, abbiamo potuto osservare – seppur in maniera marginale – la trasformazione di Bast in Sekhmet, pertanto cerchiamo ora di comprendere meglio in che modo queste due antiche divinità si siano ritrovate ad essere così strettamente collegate e come, infine, si siano distinte e separate come dee individuali. Sin dalla V e VI dinastia, periodo dei Testi delle Piramidi, la dea Bastet o Bast era rappresentata sia come madre protettiva che come spaventosa vendicatrice: una antica formula magica sostiene di dichiararsi figli di Bastet per sfuggire alle epidemie. Il leone, invece, era considerato la più feroce belva africana; gli antichi egizi, difatti, osservavano le leonesse cacciare in gruppo e fu proprio così che ebbe origine la raffigurazione di Bastet come dea della guerra e protettrice delle Due Terre. Nell’Alto Egitto, la dea leonessa Sekhmet fu l’equivalente divinità leonina della guerra, mentre il culto di Bastet era diffuso nel Basso Egitto. Contrariamente a molte divinità fuse in una unica entità con l’unione delle Due Terre, la dea Sekhmet e la dea Bastet rimasero ancora molto a lungo due individualità ben distinte nell’antico pantheon degli egizi. Ciononostante, le differenze di significato che la dea Sekhmet e la dea Bastet presero nelle relative regioni d’influenza ne impedì la fusione in un’unica divinità: il ruolo della dea Bastet come dea della guerra cominciò ad attenuarsi a favore della dea Sekhmet, che a sua volta, andava prendendo fattezze di grande violenza e ferocia nella 18^ dinastia.
Il Culto della Dea
Nonostante il carattere indomito, la dea egizia Sekhmet mostrava di avere anche un lato benevolo che, però, richiedeva rituali specifici soprattutto durante gli ultimi cinque giorni dell’anno solare, considerati enormemente pericolosi: per placare l’ira della dea Sekhmet, i suoi sacerdoti celebravano ogni giorno dell’anno, al mattino e al pomeriggio, un particolare rituale davanti ad una statua sempre diversa della divinità. Ogni giorno dell’anno solare, che per gli egizi aveva circa la nostra stessa durata, una diversa statua della dea veniva adorata. I sacerdoti cantavano litanie e recavano offerte a Sekhmet interagendo direttamente con la sua figura: offerte come birra semplice o miscelata con succo di melograno, frecce, argento, strumenti medici ed il più classico incenso. Questa complessa pratica è facilmente riscontrabile osservando come la maggior parte delle statue raffiguranti la dea, non mostrava alcun segno di movimento o spostamento, proprio per limitare il più possibile ogni tipo di rischio di rotture o danneggiamenti e garantire così al simulacro sacro una lunga durata: l’ira di Sekhmet, credevano gli antichi, avrebbe portato epidemie ed altre tremende sciagure. Le statue di Sekhmet sono grandemente diffuse anche perché spesso accostate dalla stessa provenienza. Amenhotep III (1400-1350 aC, circa), infatti, commissionò ben 365 statue della dea nel tempio dedicato al culto del proprio potere regale. Secondo il credo egizio, per placare le ire della dea Sekhmet, definita come “colei la cui potenza è tanto grande quanto l’infinito”, bisognava ricorrere a particolari amuleti o statuette che la ritraevano e così la sua forza malefica poteva essere trasformata in forza benefica. La dea si manifestava in tutta la sua grandezza incarnandosi nella statua che la rappresentava, soprattutto durante i rituali ad essa dedicati. Si pensa che più di 600 statue di Sekhmet si trovassero nel Tempio di Mut a Karnak, in gran parte attribuibile ad Amenofi III (1386 a.C. – 1348 a.C.) il quale, affetto da dolorose patologie, avrebbe cercato l’aiuto e la benevolenza della dea delle guarigioni e dei medici. I sacerdoti della dea Sekhmet erano infatti perlopiù medici ed erano chiamati sunu, termine che indicava i medici. La leggenda suggerisce che le sue statue erano particolarmente protette a causa della natura aggressiva della divinità e anche perché sono ricoperti di antrace o di altri batteri altamente infettivi per garantire che non fossero disturbati. I sacerdoti del culto della dea Sekhmet, erano estremamente potenti ed erano spesso chiamati per la cura di patologie ossee, come ad esempio la cura delle fratture. I suoi sacerdoti sono definiti terapeuti, coloro in grado di porre in atto la Magia di Sekhmet tramite il Magnetismo dell’imposizione delle mani, nell’atto rituale. Fra i molti appellativi intimidatori ed allarmanti della dea Sekhmet, come Signora del terrore e Signora della strage, spiccava l’epiteto Signora della vita: questo, infatti, era un chiaro riferimento al suo ruolo di dea delle guarigioni che aveva il potere di mettere fine anche alle grandi epidemie.
Inno a Sekhmet
“Brucio e fumo e lancio coltelli dai miei occhi e ruggisco
(benché tiriate la mia coda),
i miei aspetti sono taglienti ed ho graffiato in profondità,
la mia energia è forte e feroce,
ed il mio fastidio ha necessità di essere espresso.
Benché a volte delicata, io posso essere molto intensa.
Una volta risvegliata sono difficile da escludere:
sono sempre appropriata, sempre necessaria.
Non provare ad eliminarmi,
devo essere sentita, riconosciuta:
sono Leonessa.”
Conclusioni sulla Dea Leonessa
Giunge al termine questo meraviglioso salto indietro nel tempo, nell’epoca delle piramidi, dei faraoni e delle antichissime e maestose divinità egizie. Varie sono le affascinanti divinità del pantheon egizio di cui abbiamo parlato nel corso dei nostri articoli di approfondimento: dalla dea Iside alla dea Bastet fino alla feroce dea Sekhmet, abbiamo raccontato la storia di questa triade eccezionale, il mito eterno che le accompagna nei millenni e la storia che il genere umano non potrà mai cancellare. Culti antichi che ancora oggi sopravvivono grazie all’amore ed alla devozione di sacerdoti e sacerdotesse che – in Loro memoria – continuano a proteggere e portare avanti le antiche Tradizioni. La magia egizia esiste ancora oggi, tramandata e rispolverata da coloro che mai hanno dimenticato gli antichi culti ed i rispettivi dèi.